La somatizzazione è l’espressione di un disagio mentale attraverso sintomi fisici. Questo significa che il paziente, in quella specifica circostanza, non riesce a riconoscere ed individuare il proprio bisogno, desiderio, sentimento, disagio psichico (ecc…), e si trova costretto a manifestarlo attraverso il corpo. In questa specifica situazione sta fallendo la mentalizzazione, ovvero la persona non riesce ad auto-attribuirsi uno stato mentale.

Dunque, il fisico diventa il portavoce della mente.

Avere un disturbo fisico consente al paziente di rimanere lontano dai conflitti interiori, poiché il problema reale è mascherato. Il medico si prende cura del suo malessere fisico, ma lascia irrisolto il groviglio interno, che il paziente vuol lasciar fuori dalla cura perché inaffrontabile. E infatti, è proprio per questo che il paziente riversa il proprio disagio sul corpo: perché è un modo efficace di tenerlo lontano dalla coscienza.

Ognuno di noi ha fatto esperienza di qualche occasionale e sporadico disturbo di somatizzazione sul fisico; tuttavia, alcune persone più di altre sono soggette a questo disagio. Succede quindi che un disturbo fisico urogenitale, dopo lunghi trattamenti antibiotici, lascia il posto a un disturbo gastrointestinale che, dopo una meticolosa dieta, lascia il posto a uno sfogo cutaneo o ad una fibromialgia, ecc…

Il paziente solitamente è stanco di passare da un disturbo all’altro e comincia a dubitare della propria integrità fisica, gira per specialisti di varie discipline, talvolta con scarsi risultati e talvolta con maggiore soddisfazione. Poi, spesso arriva il momento in cui qualcuno gli suggerisce una consulenza psicologica, e il paziente spera con scetticismo che uno specialista possa alleviare i suoi dolori fisici.

Prima di tutto, lo specialista psichiatra o psicologo deve chiarire che i suoi disturbi fisici sono reali e devono essere affrontati con i metodi della medicina classica. Il professionista, inoltre, deve specificare che i molteplici disturbi fisici (comunemente associati a somatizzazione), di cui il paziente lamenta algesia, potrebbero essere espressione di un qualche conflitto interiore di cui egli teme l’emergenza. Uno psichiatra o psicologo che, al contrario, illude il paziente di aiutarlo ad affrontare i problemi tipici della psicosomatica, senza affrontare un lavoro di introspezione e conoscenza di sé, millanta soluzioni inesistenti. Quindi, il paziente dovrà affiancare alla cura medica del sintomo un percorso psicologico, preferibilmente a orientamento psicodinamico.

D’altra parte, il paziente che non desidera mettere in discussione i propri conflitti interni sarà lieto di accogliere l’offerta di un qualsiasi professionista che gli presenta, ancora una volta, una soluzione alternativa a quella di affrontare la propria realtà psichica, trovando solo spreco di soldi, tempo e salute.

E’ necessario seguire le prescrizioni del proprio medico curante per estirpare il sintomo fisico, ma limitarsi a questo non è sufficiente. Il paziente con una predisposizione a somatizzare, una volta che avrà curato farmacologicamente il primo sintomo, svilupperà un secondo sintomo e giustamente correrà ai ripari con altre medicine. Poi sopraggiungerà un terzo sintomo da curare e, una volta rimosso anche quello, ne arriverà uno nuovo, o molto probabilmente uno dei precedenti sintomi tornerà nuovamente.

Tra i disturbi più comunemente associati a somatizzazione si trovano fibromialgia, colon irritabile, cefalea, cistite, stanchezza cronica, gastrite, dermatite.

I disturbi psicosomatici sono disagi da portare alla mente. Dal corpo alla mente, e dalla mente alla parola. Lo psicoterapeuta deve favorire la mentalizzazione del paziente. Una volta che il paziente è in grado di capire che cosa realmente lo fa star male (cosa è quella cosa tanto inaccettabile da non poter essere pensata), smetterà di soffrire sul corpo.

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